Alcuni dei miei amici creoli

Volti nuovi, dalla fisionomia indefinibile e affascinante, si muovono per le nostre città. Sono i figli degli incontri multietnici, dei matrimoni misti fra un italiano ed una persona di altra etnia: i creoli italiani. Questi nuovi cittadini fanno breccia senza clamori e sempre più numerosi nella nostra realtà nazionale ed apparentemente monoculturale, rompendo la dialettica che contrappone noi alle altre razze e diventando spazi nel mezzo, figure di cui non risulta immediato definire il gruppo d’appartenenza. 

Il termine “creolo” (criollo, kriol, creole), ancora poco usato nel nostro lessico, è molto noto nelle società dell’America latina e dei Caraibi, e sta a indicare quegli individui nati dall’unione di genitori francesi, spagnoli o portoghesi con indios nativi o individui di discendenza africana. Con sempre maggiore forza emergerà una nuova umanità che avrà tutte le caratteristiche della umanità creola: il figlio nato e residente in Italia di un tedesco che ha sposato una haitiana, sarà diviso e combattuto fra più lingue, più storie, preso nell’ambiguità torrenziale di un’identità mosaico. 

Per definire un fatto sociale per noi abbastanza nuovo, creoli è la parola preferibile. Più ampia ed indefinita, con il plusvalore dell’imprevedibilità creativa dei risultati (come le lingue, la cucina, la musica creole), sembra migliore rispetto ad altri possibili sinonimi: meticci, mezzosangue, mulatti…, troppo legati alla calcolabile specificità razziale e genetica. Del resto, la “creolità” fisica, che in alcuni luoghi del pianeta si è realizzata già da molto tempo, è solo il punto di partenza. Il punto d’arrivo è la compresenza simultanea di elementi culturali molteplici, che ormai si da in qualsiasi angolo della terra ed in qualsiasi persona, a prescindere dalle origini genetiche.

140photography

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Bianco e Nero

Una giornata di Body painting con gli amici della scuola di trucco Ro & Ro ha dato vari eccezionali risultati gia postati su facebook. Questa è l’unica immagine che è stata bannata per la nudità…. E’ un’immagine dove giocavo sull’inversione di bianco e nero con espliciti richiami al colore della pelle, su un fondo grigio dove gli opposti si fondono. La nudita’ era del tutto innocua.

POP LOU

Un esempio di come  il rapporto con l’immagine può avere una dimensione ludica, di esercizio di stile. Questo in particolare è stato un rimedio in stile pop contro la sonnolenza pomeridiana del weekend. Ho preso una vecchia e cara foto, che nella mia testa in passato rappresentava la classicità della bellezza delle donne africane, ho giocato un po’ con le regolazioni colori in photoshop, et voilà.

Zen e Fotografia

Mi è capitato di recente di ritrarre una persona speciale e di grande ispirazione: l’abate Nicky Vreeland, (per la cui biografia dettagliata rimando al suo sito http://www.nicholasvreeland.com/about.html). Fotografo affermato nella scena newyorchese, nipote di Diana Vreeland storica direttrice di Vogue New York, assistente di grandi nomi come Irving Penn e Richard Avedon, durante un commissionato in cui doveva ritrarre il Dalai Lama, decide di mollare tutto e nel 1985 diventa un monaco tibetano… Se vi interessa capire le motivazioni forse può essere d’aiuto il video di un intervista rilasciata alla PBS (http://www.pbs.org/wnet/religionandethics/episodes/june-15-2012/buddhist-abbot-nicholas-vreeland/11256/). Comunque dopo aver abbandonato per anni la fotografia, per dedicarsi interamente allo studio della pratica buddista, arrivando ai vertici anche nella carriera monastica, l’antica passione riprende dopo alcuni anni. Una fiamma rinnovata, ma al servizio dell’ordine monastico, perché diventa un mezzo per finanziare il monastero di cui è abate (http://www.ratodratsangfoundation.org/photos_for_rato/index-it.html). Ovviamente non è per tutti abbandonare la propria vita mondana e diventare monaci. Ma l’idea di scelta radicale, la perseveranza nel raggiungere gli obiettivi, l’adozione di un’etica fondata sulla rinuncia al proprio ego e l’altruismo, sono comunque elementi forti e di grande carattere, che lasciano una serenità nell’animo di chi ci si imbatte. E riflettere di questi tempi non fa mai male… soprattutto dopo i pasti.

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